governava le terre concessegli dal suo re. Quelle terre sono state chiamati FEUDI. Tra i feudi, un vassallo agiva come un signore locale e poteva dare porzioni di esso ad altri vassalli, VALVASSORE .
Qualcuno potrebbe essere il vassallo di una persona, ma il signore di un altro.
I CAVALIERI
erano guerrieri che combattevano a cavallo. In cambio di terra, si sono impegnati come vassalli al re. Solo i figli dei signori potevano diventare cavalieri.
I candidati per cavalleria iniziavano la formazione all’età di 7 anni, si trattava di un apprendimento di tipo sociale e di abilità come la scherma e la caccia. A 13 o 14 anni diventavano scudieri e cominciavano a praticare il combattimento a cavallo.
Lo SCUDIERO
serviva come assistente dei cavalieri sia nel castello che sul campo di battaglia. Al 21 anni uno scudiero poteva diventare un cavaliere, questo passaggio avveniva in ginocchio davanti al signore tramite un tocco “doppiato” sulla spalla con una spada .
Re, signori locali e cavalieri facevano tutti parte di una classe dirigente che si chiama nobili.
Le NOBILDONNE
erano le moglie e le figlie dei nobili. Erano responsabili dei domestici e supervisionato l’educazione dei figli. Aiutavano anche a prendersi cura dei malati e dei poveri.
In alcuni casi, le nobildonne stesse potevano possedere terra; esse potevano ereditare dai loro genitori o dai loro mariti. Quando un nobile era via, sua moglie si occupava di tutto. Ciò significava che la nobildonna, se invitata dal suo signore, poteva inviare cavalieri in battaglia, proprio come avrebbe fatto il marito.
Gerarchie ecclesiastiche
Come è noto le donne sono state escluse dal sacerdozio; ne conseguì (e ne consegue) che tutta la gerarchia ecclesiastica cattolica fu ed è declinata al maschile. Ma proprio nel cuore del pieno Medioevo (sec I-XIV) circolò una storia immaginaria che ha ideato la figura della papessa Giovanna.
Intorno all’850 una donna di ascendenza inglese, ma nativa di Magonza, seguì il suo amante, dedito agli studi, fino a Roma; avendo ella stessa acquisito gli strumenti del sapere riuscì ad infiltrarsi nella gerarchia curiale romana al punto da essere eletta papa. Il suo pontificato sarebbe durato due anni e si sarebbe vergognosamente concluso con la messa al mondo di un bambino durante una processione per le strade di Roma. Questa storia immaginario-leggendaria ebbe “successo” fino al XVI secolo: la storia si nutre anche di figure immaginarie il cui successo si protrae nel tempo, si pensi al film del 2009.
I VESCOVI
erano i capi della chiesa, servendo sotto il papa, il vescovo di Roma.
La maggior parte dei vescovi erano nobili. I vescovi erano anche i sorveglianti di sacerdoti, monaci e monache della chiesa e amministratori delle questioni economiche.
In molte parti d’Europa la chiesa possedeva vaste aree di terra e ordinò un gran numero di cavalieri. Nel Medioevo, non era insolito per un vescovo guidare i suoi cavalieri in battaglia.
I SACERDOTI
fornivano istruzione spirituale e conducevano cerimonie religiose locali, nelle chiese. La vita, nel Medioevo, attraversava un periodo di cambiamento verso l’autosufficienza. La chiesa tentava di fornire sicurezza spirituale in una vita travagliata e in questo mondo insicuro.
I MONACI e le MONACHE
erano uomini e donne che davano i loro averi e lasciavano la vita ordinaria per vivere in monasteri e conventi. Vivevano molto semplicemente, non potevano sposarsi e si dedicavano alla preghiera, lo studio, e aiutare i poveri.
Servivano anche come medici.
I FRATI
viaggiavano, erano predicatori che vivevano di elemosina e diffondevano gli insegnamenti di San Francesco d’Assisi.
I SERVI
della gleba vivevano in piccole comunità chiamate manieri che erano governate da un signore locale o vassallo.
La maggior parte dei CONTADINI erano servi della gleba. Essi erano legati al maniero e non potevano lasciare o sposarsi senza il permesso del signore.I servi della gleba lavoravano in masseria: coltivavano i campi, curavano il bestiame, costruivano e mantenevano gli edifici, cucivano i vestiti e tagliavano la legna.
Uomini, donne e bambini lavoravano fianco a fianco.
I servi avevano piccoli appezzamenti di terreno che potevano lavorare per se stessi; a volte un servo riusciva a risparmiare abbastanza soldi per comprare la sua libertà e diventare un uomo libero.
I CONTADINI
costituivano la maggioranza della popolazione. La popolazione contadina si differenziava enormemente nei valori e nel comportamento economico da una popolazione lavoratrice urbana. Società contadine in genere avevano reti sociali ben sviluppate, le loro comunità erano molto piccole e spesso risultavano di difficile accesso da parte di estranei.
La parola “contadino” era talvolta usata come un insulto da quei concittadini che si ritenevano superiori agli operai rurali.
I COMMERCIANTI
istituivano le imprese nelle città infatti, queste, cominciarono a crescere notevolmente nel tardo Medioevo.
I prodotti più comunemente commercializzati erano il sale, il ferro e i tessuti. C’erano anche oggetti più rari, come la seta e le spezie, che arrivavano dal commercio con la Cina e il Medio Oriente.
Con la crescita del commercio, una nuova classe di ARTIGIANI altamente qualificati si stava diffondendo, questi producevano stoffa, scarpe, birra, vetro e altri beni che richiedevano esperienza; altri artigiani tagliavano e sagomavano le pietre e i metalli preziosi.
Le donne esercitavano molti di questi mestieri; in mestieri come la tessitura e la produzione di birra avevano ruolo principale. I MERCANTI portarono e vendevano articoli tra città e villaggi, anche lontani dalle principali rotte commerciali.
I MENESTRELLI
erano gli animatori che viaggiavano di città in città, spesso in gruppi. La maggior parte dei menestrelli erano cantanti o musicisti, ma alcuni avevano altre abilità tra cui le acrobazie o il ballo. I menestrelli erano conosciuti con nomi diversi in diverse parti d’Europa.
In Germania i menestrelli venivano chiamati “minnesingers”, in Francia “giullari”, in Irlanda “bardi”.
I menestrelli più famosi erano quelli del sud della Francia. Essi furono chiamati “trovatori” dalla parola latina che significa “comporre”.
Molte delle poesie d’amore venivano composte in lingua locale, provenzale.
Non sono un nobile e non possiedo la dignità di fare il “cavaliere”, così recitavano gli scudieri e gli inservienti del Cavaliere Templare, anche se nelle gloriose pagine dei Cavalieri del Tempio, il loro servizio umile ha forgiato Cavalieri di tutto rispetto.
“Nell’anima è lì il segno di Cristo e dell’onore, non nella schiatta” sarà stata, la frase, certamente proferita nell’atto d’investitura dello scudiero, indossando il clamice bianco
Essere Cavalieri Templari, non significa possedere un 4/4 di nobiltà ma tanta umiltà nel servizio dell’altro e nella difesa del più debole. Se il nostro Padre Celeste, nella creazione dell’universo, secondo la Genesi, impiegò un tempo, tanto più, sarà necessario un cammino propedeutico per varcare quel sottile confine che fa’ di un uomo un Cavaliere Templare.
un articolo giornalistico dal tema “col denaro si può fare… quasi tutto” ebbene, da che mondo è mondo, la serietà e la nobiltà d’animo, non si acquista ma si conquista, passo dopo passo, nel cammino dell’umiltà e delle privazioni nell’oculatezza di non cadere nella vanagloria del “fariseo”. Questa nostra “milizia” ha il compito di formare il “pubblicano”, non cerca la via facile dove il “quattrino” spiana la strada, ma ha l’impegno di formare il futuro “cavaliere templare”.
Dio ci perdoni se con orgoglio possiamo conclamare il giudizio datoci, ovvero di “essere seri” per indole personale, per una integerrima fede, e nell’oculatezza delle nostre azioni. Per attitudine diffidiamo i facili riconoscimenti, bolle d’investitura, titoli nobiliari sparsi come seme nei campi della vanagloria personale dove abbondano orticelli di ogni specie con sigle misteriose che, pur pomposamente scritte, la consistenza è pari alla vacuità di una goccia, nel mare dell’umanità.
Questa nostra non vuole essere uno “spot” per acquisire consensi o incrementare i nuovi postulanti né invidia nell’esposizione di numeri di altrui gruppi, ribadendo e su questo mi ci dia facoltà, di essere “diversi”, coltivando l’umiltà delle azioni e principalmente quella personale così come il nostro motto:
“Essere (Cavaliere Templare) ma non apparire”.