E' una preghiera di poche righe… Le sue frasi sono brevi,
le sue parole sono semplici, eppure di un'abissale profondità…
Non sono solo parole umane. Sono realmente 'parola di Dio' in
forma umana. Hanno perciò una efficacia divina… Non ci
può essere educazione alla preghiera senza una vera iniziazione
al Padre Nostro". Purtroppo lo abbiamo ridotto ad una formula,
rendendo sempre più difficile recuperare quel contenuto
iniziatico che gli è peculiare.
La domanda che dovremmo porci è: cosa mi comunicano
le singole espressioni, quali archetipi evocano in me?
I commenti teologici al Padre Nostro sono innumerevoli, da
Tertulliano, che lo ha definito 'breviarium totius Evangelii", al Catechismo della Chiesa Cattolica.
Ovviamente tale chiave di lettura non deve essere intesa come
alternativa a quella religiosa, bensì complementare. Infatti,
per dimostrare l'esistenza di un collegamento tra le singole espressioni
di questa preghiera e gli archetipi di base dell'Astrologia, mi
avvarrò, soprattutto, dei commenti che sono stati redatti
nei primi secoli della storia cristiana.
Esistono due versioni del Padre Nostro: quella secondo Matteo
(Mt 6, 9-13) e quella secondo Luca (Lc 11, 2-4). La loro struttura
è fondamentalmente identica ma il testo secondo Matteo
è quello più completo e che recitiamo abitualmente.

Padre nostro che sei nei cieli Iniziare una preghiera con il vocativo 'Padre' è un
modo 'diretto, caldo, affettuoso di rivolgersi a Dio, senza perifrasi
e come per impulso naturale". Inoltre 'non diciamo 'Padre mio,
che sei nei cieli'… la nostra preghiera è pubblica e comunitaria,
e quando preghiamo, preghiamo per tutto il popolo, non per il
singolo, perché noi come popolo siamo una cosa sola" (Cipriano).
La coralità evidenziata da questo aggettivo pervade e caratterizza
l'intera preghiera.
Il Padre invocato dai discepoli di Gesù è lo
stesso che Egli chiama costantemente 'Padre mio' e 'Padre celeste'.
Nel solo Vangelo secondo Matteo, Gesù usa quest'ultima
espressione ben sette volte (Mt 5,48; 6,14; 6,26.32; 15,13; 18,35;
23,9). 'Quando dice che Dio è nei cieli, non vuole certo
assegnargli un confine, ma intende sollevare dalla terra lo spirito
di coloro che pregano e innalzarlo negli eccelsi spazi, nelle
dimore celesti" (Giovanni Crisostomo). Riecheggia l'oracolo del
Signore: "I miei pensieri non sono i vostri pensieri e le vostre
vie non sono le mie vie… Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto
le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano
i vostri pensieri" (Is 55,8-9).
Sia santificato il tuo nome Venga il tuo regno Esiste una relazione molto stretta tra glorificazione di Dio
e santificazione del suo Nome. 'Fra tutti i beni il principale
è questo, che in ogni momento della mia vita il nome di
Dio sia glorificato… Perciò, se io mi rivolgo a Dio nella
preghiera così: sia santificato il tuo nome, spero anche
che la forza delle parole produca in me la grazia della coerenza.
Come se dicessi: possa io diventare, con il vigore del tuo soccorso,
irreprensibile, giusto, pio" (Gregorio di Nissa). 'Sia santificato
significa infatti sia glorificato… E' come se dicessimo a Dio:
fa, o Signore, che la nostra vita sia un tale specchio di purezza
e di trasparenza che tutti, vedendo noi, rendano gloria a te"
(Giovanni Crisostomo). Ancora più trasparente, se possibile,
è il dialogo fra Mosè e il Signore, che si legge
in Esodo 33,18-19. Mosè disse al Signore: "Mostrami la
tua gloria". E il Signore rispose: "Farò passare davanti
a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio nome, Signore,
davanti a te".
Nell'ambiente culturale biblico il nome sta per la persona
e mai appare riducibile a una pura denominazione. L'imposizione,
il cambiamento del nome indicano una qualifica in ordine a una
missione da compiere. Nominare qualcosa significa, in qualche
modo, darle un destino. Dio chiama un pastore e gli dà
il nome di Abramo, col quale è costituito 'padre di moltitudini'.
Imporre un nome a qualcuno è come affidargli un incarico.
Il regno di Dio è il nucleo centrale della predicazione
di Gesù. 'Con il dito di Dio' (Lc 11,20) Gesù sconfigge
Satana. E' ciò che Egli annuncia inaugurando il suo ministero:
"Gesù cominciò a predicare e a dire: convertitevi,
perché il regno dei cieli è vicino" (Mt 4,17).
La parola Regno ricorre novantanove volte nei vangeli sinottici
e novanta volte è in bocca a Gesù che, tuttavia,
non ne dà mai una definizione. 'Interrogato dai farisei:
'Quando verrà il regno di Dio?', rispose: il regno di Dio
è in mezzo a voi (oppure: dentro di voi)" (Lc 17,20-21).
In particolare, nel Vangelo secondo Matteo esso viene chiamato
trentatre volte 'regno dei cieli' e due volte 'regno del Padre'
(Mt 13,43; 26,29).
Sia fatta la tua volontà Come
in cielo così in terra Dio "tutto opera efficacemente, conforme alla sua volontà"
(Ef 1,11). Può accadere che non ci dia ciò che desideriamo "perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare"
(Rm 8,26). Dio, nella sua volontà salvifica, supera i nostri
desideri, corregge i nostri desideri equivoci, e la sua volontà
non è mai da temere. Gesù stesso dice: "Mio cibo
è fare la volontà di Colui che mi ha mandato a compiere
la sua opera" (Gv 4,34). "Quello che, dunque, ci viene chiesto
ora è di perseverare nella volontà di Dio… O almeno
di non avere alcun sentimento contrario alla sua volontà…
Infatti, mentre siamo qui in terra in una natura mortale e mutevole,
non è possibile che la volontà di Dio regni perfettamente.
Ma è nelle nostre possibilità terrene che la nostra
volontà si ravveda da quei moti dell'anima (leggi: passioni)
che sono contrari alla volontà di Dio e che giunga sino
a non accettarne alcuno" (Teodoro di Mopsuestia).
"…Poiché abbiamo un corpo che viene dalla terra e uno
spirito che viene dal cielo, noi siamo terra e cielo, e preghiamo
che sia fatta la volontà di Dio nell'uno e nell'altro,
cioè sia nel corpo che nello spirito. Esiste tra carne
e spirito una lotta continua e uno scontro quotidiano. Sono reciprocamente
in disaccordo… Perciò chiediamo che con l'aiuto di Dio
si crei armonia tra i due" (Cipriano).
Dacci oggi il nostro pane quotidiano E rimetti a noi i nostri
debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori L'enfasi cade sul pane: il più umile dei bisogni. Il
pane è il frutto del nostro lavoro (Gen 3,19): "Dacci il
pane vuol dire anche: possa ottenere il nutrimento grazie alla
mia giusta fatica" (Gregorio di Nissa). Inoltre, Nostro Signore
ci insegna a chiedere nella preghiera: dacci oggi il pane che
ci è necessario. Come a dire che, mentre siamo in questa
vita, abbiamo bisogno di quanto è necessario usare… Pane,
in effetti, è proprio il nome con cui egli designa ciò
che serve alla sussistenza della natura… Quindi, poiché
è il Creatore stesso che ne ha imposto l'uso, ci conviene
possedere il necessario. Ma non il superfluo. Infatti, a coloro
che desiderano raggiungere la perfezione non conviene procurarsi
e conservare il superfluo e ciò che va oltre il necessario"
(Teodoro di Mopsuestia). Dio 'non ci comanda di pregare per chiedere
ricchezze, lusso, vestiti costosi, né altre cose del genere.
Ci esorta a domandare soltanto il pane, e il pane quotidiano…"
(Giovanni Crisostomo).
Il fatto che l'immagine del debito ricorra così spesso
nei Vangeli suggerisce che per Gesù essa si prestava molto
bene a ritrarre la situazione dell'uomo: l'uomo è per essenza
debitore. "Che cos'è il debito se non il peccato? Se non
ti fossi lasciato corrompere con i soldi che ti sono stati dati
in prestito da un estraneo, ora non ti troveresti in una situazione
di bisogno, e proprio per questo ti viene addebitato il peccato…
Con il diavolo hai contratto un debito che non era necessario.
Perciò tu, che in Cristo eri libero, sei diventato debitore
del diavolo… Ma il Signore… ha stracciato il documento del tuo
debito e ti ha restituito la libertà (leggi: vita)" (Ambrogio).
"Il perdono dei peccati, infatti, è un atto proprio e particolare
di Dio, poiché sta scritto che 'nessuno può rimettere
i peccati, se non Dio soltanto" (Lc 5,21) (Gregorio di Nissa).
E non ci indurre in tentazione Ma liberaci dal male Lungi da noi il pensiero che il Signore ci tenti, quasi che
egli non conosca la fede di ciascuno o addirittura brami di farci
cadere. Può sembrare che sia così, ma non lo è,
perché questa debolezza e questa malizia sono caratteri
distintivi del diavolo. Il modo di agire di Dio è diverso.
Vedi ad esempio il caso di Abramo. Non gli fu ordinato di sacrificare
il figlio per tentare la sua fede, ma per metterla alla prova"
(Tertulliano).
"C'è infatti un altro tipo di tentazione,
che più propriamente si chiama prova… Quindi, con queste
parole della preghiera, non ci indurre in tentazione, non si domanda
affatto di non essere tentati, ma di non essere gettati nella
tentazione, uscendone sconfitti… Dobbiamo allora concludere che
le tentazioni provengono sì da Satana, non per un suo potere
però, ma per un permesso del Signore. E l'intenzione di
Dio nel concedere tale facoltà al demonio è quella
di punire gli uomini per i loro peccati o di metterli alla prova
ed istruirli secondo la sua misericordia. E' allora molto importante
discernere in quale tipo di tentazione ci si imbatte…" (Agostino).
Noi "preghiamo di essere liberati dalla tentazione, non già
per non essere tentati, il che è impossibile, ma per non
soccombere alla tentazione, come coloro che da essa sono stati
conquistati e sconfitti" (Origene). "Così, per esempio,
Giuda entrò nel torrente della cupidigia: preso nel vortice
dell'avidità del denaro, non riuscì a passare a
nuoto, ma fu sommerso nel corpo e nello spirito e rimase soffocato"
(Cirillo di Gerusalemme). In comunione con Gesù, noi chiediamo
per noi stessi, ma anche per tutti i nostri fratelli, di essere
liberati dal male. Questo male è il Maligno. La scrittura
lo indica come Satana, il Menzognero, il Cattivo, il Diavolo,
l'Omicida, il Tentatore…
A questo punto la preghiera termina, ma è evidente che
manca qualcosa.
1. Così come ci è stato tramandato, il Pater
è incompleto. In quale modo? La risposta è duplice. In primo luogo
bisogna considerare l'ambito in cui è nata questa preghiera,
ovvero quello della Religione in sé, Cristiana poi.
Conclusione
'Pur essendo la preghiera del cristiano, anzi del vero cristiano,
il Padre Nostro può dire qualcosa anche al non cristiano:
non però all'uomo qualunque, all'uomo senza qualità,
ma all'uomo insoddisfatto delle cose che ha e che raggiunge, un
uomo che cerca una pienezza che non trova e che tuttavia continua
a desiderare e a cercare", perché 'nella preghiera del
Signore è condensata tutta la vita e l'esperienza storica
dell'umanità, con il suo travagliato svolgimento ed i suoi
problemi fondamentali, dal bisogno di fede, al bisogno di pane
e di perdono".
'Il Padre Nostro… riunisce i temi più essenziali della
predicazione di Gesù ed esprime con forza e concisione
la nostra identità come suoi discepoli". 'Non sfugga un
particolare significativo: i discepoli non chiedono a Gesù
di insegnare loro una preghiera, ma un modo di pregare. E se Gesù
risponde insegnando una formula di preghiera, è perché
questa racchiude in sé un metodo. Il Padre Nostro non è
una preghiera come le altre, fosse pure la migliore, ma è
il modello di ogni altra". "Il Padre Nostro… può diventare
pure un comune punto di partenza nell'odierno dialogo della Chiesa
con coloro che, credendo in un solo Dio, lo invocano come Padre"
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