IL MITO DEI MAGI

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TRA LEGGENDA E STORIA

La storia dei re Magi è un racconto che nasce molto lontano, in terre esotiche e ricche di antiche tradizioni, narra di stelle annunciatrici, di una miracolosa nascita e di tre mitici sovrani che si misero in cammino per venerare il nuovo Salvatore. I tre misteriosi personaggi non sono molto frequenti nelle Sacre Scritture, infatti solo il Vangelo di Matteo (2,1-12) li cita inizialmente, in realtà da questa fonte non possiamo conoscere molto sui Magi, né i loro nomi, né il loro numero e il luogo di provenienza che è indicato genericamente “da Oriente”. Di loro non si ha menzione negli altri Vangeli come quelli di Luca e Marco, forse quasi una forma di censura legata al fatto che il Cristo non poteva esser “venerato” da dei “Magi”.

adorazione_dei_Magi_450La parola Mago era del resto, sinonimo di stregone, mago era anche quel Simone, appunto Simon Mago, il cui volto, per alcuni, sarebbe quello che oggi si attribuisce al Cristo, e dal qual personaggio il traffico di reliquie sacre prese il nome “simonia”. In tutto questo silenzio fonti importanti diventano i Vangeli apocrifi e tra questi “il libro della Caverna dei Tesori”, di origine siriaca o ancora “l’Historia Trigum Regum” di Giovanni da Hildesheim che raccoglie, mettendole in una unica vicenda, più fonti apocrife sui Magi. La vicenda dei tre re è legata alla “stella”:

“..dove è nato il re dei Giudei? Perché abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti ad adorarlo..”

Da sempre nell’antichità l’apparizione di una stella, cometa o altro fenomeno celeste era considerata un “segno” divino , come possiamo osservare dallo stesso versetto di Matteo nel quale si mette in relazione il Cristo e “La Sua Stella”.

Del resto gli astri, penetrando con la loro luce nell’oscurità diventano espressione dell’eterna lotta tra bene e male, tra luce ed ombra:

“Io sono la stella radiosa del mattino”

Tutte le più grandi divinità dell’antichità sono legate agli astri, lo stesso faraone egiziano era chiamato appunto la stella d’Egitto e sempre in Egitto, Horus, concepito dalla Vergine e dea Iside era chiamato “astro del mattino”.

Torniamo alla stella dell’Annunciazione, vi sono diverse ipotesi su cosa essa potrebbe essere realmente. Per alcuni si tratterebbe di una Nova o Supernova, fenomeno di straordinaria luminosità, ma che non si poteva ripetere lungo il cammino dei Magi. Una seconda ipotesi è quella di una cometa, alcuni l’hanno identificata con quella di Halley già segnalata in numerosi studi cinesi. Oggi, però, sappiamo che essa si ripropone ogni 76 anni e quindi sarebbe passata attorno al 12 a.C. data piuttosto lontana da quella indicata da Dionigi il Piccolo per la natività.

Molto più probabile è che più che una stella si fosse trattato di una congiunzione e in particolare la congiunzione tra Giove e Saturno avvenuta nella costellazione dei Pesci. Secondo calcoli fatti da Keplero nel 7 a.C. questa congiunzione si sarebbe verificata ben 3 volte, il 28 maggio, il 1 ottobre e il 5 dicembre. Tutto questo non solo è importante dal punto di vista della datazione dell’evento, già che si avvicina molto alla presunta data della natività, cioè il 6 a.C., ma fa sorgere altre considerazioni. Infatti nell’antichità i primi cristiani si riconoscevano con un segno in codice, quando due di essi si incontravano uno di loro tracciava metà del segno e l’altro lo completava. Il simbolo in questione era proprio il PESCE!

Del resto la parola Nazareni, oltre che abitanti di Nazareth significava “piccoli pesci”, e i seguaci di Gesù erano appunto i Nazareni. Un’altra coincidenza, poi, si inserisce in questo discorso, infatti all’ingresso di Gerusalemme il Cristo fu accolto nel grido di “oannes” che poi diventerà, per un errore di trasposizione, Osanna. Chi erano gli Oannes? Questi erano gli dei delle popolazioni medio-orientali che, curiosamente, erano rappresentati metà uomini e metà pesci!

Torniamo ai Magi, per conoscere il loro rango e dunque l’appellativo di Re dobbiamo tornare al “libro della Caverna dei Tesori” ove essi vengono definiti “re figli di re”. Anche il numero dei magi non è ben specificato, e anche in questo caso dobbiamo rifarci a testi apocrifi come il “Vangelo dell’Infanzia Armeno”:

“..questi magi erano tre fratelli..”

Da Matteo non conosciamo il numero dei magi, ma solo riferimenti al numero dei doni. Il numero 3 ha una forte valenza simbolica, per alcuni indicherebbe le tre razze umane, la semitica, la cannitica e la jafetica, rispettivamente discendenti dai tre figli di Noè: Sem, Cam e Iafef. Probabilmente, però, il 3 ha un altro significato, infatti nell’antico Egitto, “omphalos della Divin Sapientia”, il tre, pronunciato Khem, era legato ai moti lunari e in particolare rappresenterebbe “la manifestazione nel concreto dell’Uno trascendente”, il dio che da trascendente diventa appunto immanente e questo ben si lega alle vicende del Cristo, il Dio che si è fatto uomo. Un altro aspetto importante dei magi è il loro nome. Oggi sappiamo che si chiamavano Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, ma non tutte le fonti sono concordi. Nel complesso monastico di Kellia, in Egitto, sono stati rinvenuti i nomi di Gaspar , Melechior e Bathesalsa. Melechior sarebbe il più anziano e il suo nome stesso deriverebbe da Melech, che significa RE.

magi_benozzo_gozzoliBaldassarre deriverebbe da Balthazar, mitico re babilonese, quasi a suggerire la regione di provenienza di quest’ultimo, infine abbiamo Gasparre, per i greci Galgalath, signore di Saba.

Un accenno a questi mitici re lo troviamo anche in Marco Polo: “..in Persia è la città che è chiamata Saba da la quale partirono tre re che andarono ad adorare Dio quando nacque..”

La città citata da Marco Polo, però, non sarebbe proprio Saba, ma Sawah, antica città persiana dalla quale, secondo il viaggiatore, partirono i tre re .

Secondo numerose leggende i tre magi giunsero a Betlemme 13 giorni dopo la nascita del Cristo. Il 13 è un numero sacro alla divinità lunare, poi fortemente demonizzato proprio per dimenticare la sacralità dello stesso: 13 erano così gli apostoli, diventati poi 12 a causa del tradimento di Giuda e 13 erano i cavalieri di Re Artù prima del tradimento di Mordred. In questa visione legata al culto lunare della Dea e poi successivamente al culto terrestre ben si inserisce la GROTTA di Gesù, luogo fortemente legato a culti autoctoni.

La grotta è il simbolo del ventre materno, santuario della grande madre e luogo di comunione tra uomo e dio. Del resto tutte le più importanti divinità nascono nella grotta, porta dei due mondi, troviamo così: Minosse, Dioniso, Mitra. Spesso, poi, nella iconografia cristiana si parla della mangiatoia e questo un po’ confonde le idee identificando appunto la grotta con una stalla. In realtà molto spesso le grotte erano adibite a luoghi di ricovero per animali e quindi da qui la presenza della famosa mangiatoia del Cristo.

Per quanto riguarda il luogo ove essa si trovasse, Luca e Matteo la individuano a Betlemme, mentre Marco e Giovanni la collocano a Nazareth. In realtà Bethlaem, la città ove appunto si sarebbe avuta la nascita del Cristo non sarebbe in Giudea, ma sarebbe collocata nel paese di Bethelem Haglilit, villaggio a pochi chilometri da Nazaret, e questo eliminerebbe le problematiche relative appunto alle discrepanze tra i vari apostoli. Un particolare da non sottovalutare, poi, è quello sottolineato da San Girolamo che ricorda che a Bethelem si adorava da sempre Adone-Tammuz, divinità arborea legata sia alla grotta che, come tutte le divinità agresti , al ciclo di morte e resurrezione e che quindi richiama fortemente le vicende del Cristo.

Qual era dunque il ruolo dei re magi e chi essi erano realmente?

Il mito del Cristo non può essere scisso dai numerosi culti solari ed arborei che fin dalla protostoria venivano officiati dagli uomini. Tralasciando così eventuali similitudini tra le divinità arboree e il Salvatore importante è sottolineare il forte legame tra il Cristo e il sole. Lo stesso 25 dicembre, data poi istituita dalla chiesa come giorno di nascita del Messia per allontanare pericolose e devianti festività pagane ben radicate nella comunità, coincideva con il dies natalis solis, solo che alla luce portata dall’astro si sostituisce la luce divina del Cristo.

“Un dio nato da una VERGINE nel solstizio d’inverno e resuscitato all’equinozio di primavera” non può non essere una divinità solare. È dunque il dio risorto, il “sole” che indica il nuovo anno e il nuovo avvento, l’Osiri egizio.

Un’altra leggenda che sembrerebbe confermare questa ipotesi è quella dei doni ricevuti dai Re magi dal Santo Bambino. La leggenda narra che prima di partire per tornare in patria i tre Re ricevettero dalle mani del Bambino e della Vergine tre doni, una pietra staccata dalla mangiatoia, un pane e una fascia nella quale era avvolto il Cristo. In tutti e tre i casi, però, una volta raggiunto il regno d’origine, dai doni si sprigionò un “fuoco sacro” che, appunto, ben ricorda gli antichi rituali di purificazione legati appunto all’astro. Infatti, anche se in questo periodo dell’anno il buio domina la luce, il calore purificatore dell’Astro è portato metaforicamente in terra accendendo grandi falò o con l’usanza, ben descritta da J. Frazer del “ceppo natalizio”. Un’altra versione della leggenda, tratta dal “Vangelo Arabo-Siriaco” (8,1) narra che i tre re, giunti in oriente, organizzarono un rituale proprio imperniato sulle fasce che avevano ricevuto in dono

“..accesero il fuoco, secondo la loro usanza, lo adorarono e vi gettarono sopra quella fascia.”

La leggenda narra che una volta spento il fuoco i re ritrovarono la fascia intatta e la riposero con somma devozione tra i loro tesori. Ora, al di là delle differenti leggende, elemento fondamentale diventa appunto il fuoco e che legherebbe il Cristo con il culto di Zarathustra.

Potremmo così azzardare una ipotesi: originari dell’altopiano iranico i magi erano sciamani legati al culto degli astri e successivamente sacerdoti di Mazda. Seguendo la lettura del cielo, avevano riconosciuto in Cristo uno dei loro “Saosayansh”, il salvatore universale, diventando così loro stessi “coniuctio” tra la nuova religione nascente e i culti misterici orientali come il mazdaismo e il buddismo, dunque adoratori di quel nuovo culto “solare e maschile” che affonda le sue radici in rituali ben più antichi e che pian piano sarebbero stati cancellati dalla “nuova” religione. Ancora oggi il culto del magi non è dimenticato, la leggenda narra che i resti mortali dei Re Magi furono recuperati in India da Sant’Elena e poi portati a Costantinopoli. Nel 1034 pare che queste reliquie furono trasportate a Milano in un’arca e depositate nella chiesa di Sant’ Eustorgio ricca di simbolismi legati ai tre re e ancora oggi luogo di pellegrinaggio.

Il sepolcro è’ vuoto dal 1162, quando Federico Barbarossa, dopo aver sconfitto Milano, portò a Colonia le sacre reliquie, ma c‘è ancora chi sostiene che le “sacre ossa” siano nascoste da qualche parte nel capoluogo lombardo, magari proprio nella antica chiesetta romanica di Sant’ Eustorgio.

di Andrea Romanazzi  (tratto dal N. 43 – anno: 2000, giornale periodico “L’Altra Scienza” Libreria Editoriale Sibilla (reg. al tribunale di Genova N. 36/92 Registro Stampa 2235/92).

Bibliografia

M.Centini I RE MAGI

N.Vlora LA NOTTE DELLA FENICE

M.Polo IL MILIONE

J.Frazer IL RAMO D’ORO