1260: la caduta dell’Impero Latino di Costantinopoli
Nel medesimo tempo in cui si ricevevano le dolorose notizie dalla Terra Santa, l’Impero Latino di Costantinopoli giunse all’apice della sua decadenza.
Da lungo tempo l’Imperatore Baldovino II non aveva altro per sostenere la dignità imperiale e per pagare il piccolo numero dei suoi soldati, che le elemosine della Cristianità e alcuni prestiti fattigli dai mercanti veneziani, per i quali era stato obbligato a dare suo figlio Filippo in ostaggio.
Nell’estremo bisogno fece vendere le reliquie dei santi per misere somme e fece togliere il piombo dai tetti delle chiese per coniarne moneta; si giunse persino a dover recuperare il legname delle case imperiali per fornire legna alle cucine dell’Imperatore.
Torri rovinate per metà, mura senza difensori, palazzi affumicati e deserti, case e strade intere abbandonate, tale era l’aspetto miserevole di Costantinopoli, la città che sino ad allora era stata considerata la regina delle città d’Oriente.
Michele VIII Paleologo (miniatura medievale)
Inoltre Baldovino II aveva concluso una tregua con Michele VIII Paleologo, l’Imperatore di Nicea. La facilità con la quale questa tregua fu accordata avrebbe dovuto porre i Latini in qualche diffidenza; ma essi, nonostante la loro deplorabile condizione, disprezzavano i loro nemici e fantasticavano nuove conquiste.
Con la speranza di predare e dimenticando la perfidia dei bizantini, un’armata veneta condusse i resti dell’esercito dell’Impero Latino di Costantinopoli in una spedizione per attaccare il forte Dafnusio, che dominava l’accesso al Bosforo dal Mar Nero.
Intanto un piccolo contingente di bizantini di Nicea (800 uomini), guidati dal Generale Alessio Strategopulo, si era avvicinato a Costantinopoli per compiere piccole azioni di disturbo e saggiare le difese della capitale. Quando Alessio Strategopulo arrivò a Selimbria, venne a sapere da alcuni contadini delle riva del Bosforo che i latini insieme ai veneziani erano partiti per attaccare il forte Dafnusio.
Guerrieri Bizantini
I suoi informatori gli indicarono anche una apertura praticata sotto le mura di Costantinopoli presso la Porta Aurea, attraverso la quale un manipolo di soldati poteva entrare facilmente senza essere notato. L’occasione era troppo ghiotta per non essere sfruttata.
Nella notte i bizantini entrarono e scaraventarono giù dalle mura le guardie latine. All’alba del 25 luglio 1261 tutto l’esercito di Alessio Strategopulo entrò a Costantinopoli dalla Porta Aurea.
Baldovino II non aveva con se che fanciulli, vecchi, donne e mercanti, fra i quali si trovavano anche i Genovesi, recentemente alleati dei bizantini di Nicea.
Quando i soldati di Michele entrarono nella città, si meravigliarono di non trovare con chi combattere. Mentre si ordinavano in battaglia e si inoltravano con precauzione, una masnada di Cumani che l’Imperatore di Nicea teneva al suo soldo, percorse la città col ferro e col fuoco nelle mani.
La moltitudine smarrita dei Latini fuggiva verso il porto, mentre i Bizantini di Costantinopoli correvano incontro al vincitore gridando: “Viva Michele Paleologo, Imperatore dei Romani”.
Alessio Strategopulo insieme ai suoi soldati appiccò il fuoco nel quartiere veneziano. Tutti gli abitanti veneziani di Costantinopoli fuggirono al molo per prendere una nave che li portasse in salvo.
Baldovino II, svegliato dalle grida e del tumulto che si avvicinava al suo palazzo, fuggì prontamente verso il porto. I Latini, che nella città erano ormai meno di un migliaio, si nascosero nei monasteri o nelle fogne; tuttavia i bizantini non stavano facendo saccheggio, vedendo ciò i francesi uscirono dai loro nascondigli, ed andarono al porto.
La flotta veneta ritornando dalla spedizione al forte Dafnusio, giunse in tempo per salvare l’Imperatore fuggitivo e quello che restava dell’Impero Latino sul Bosforo. Le cronache ci raccontano che le navi veneziane non fecero neanche rifornimento per raggiungere l’isola di Eubea e molti morirono di fame ancora prima di scendere dalle navi.
Baldovino II, dopo aver regnato per 37 anni sull’Impero Latino di Costantinopoli, percorse l’Europa come aveva già fatto durante la sua gioventù: mendicando i soccorsi dei cristiani.
Papa Urbano IV lo ricevette con disprezzo misto a compassione. In una lettera scritta al Re Luigi IX di Francia, il pontefice deplorava la perdita di Costantinopoli. Urbano IV manifestò il desiderio che si intraprendesse una Crociata per recuperare Costantinopoli, ma trovò gli animi poco disposti a tale impresa.
Il Papa fu costretto ad accontentarsi degli ossequi di Michele VIII Paleologo che prometteva, per mitigare la Santa Sede, di riconoscere la Chiesa Romana e di soccorrere la Terra Santa.