Origini
Il mito del calice o piatto di Gesù Cristo affonda le sue radici in epoche remote antecedenti al medioevo. La fonte di questa credenza è Jacopo da Varagine, il quale nel 1260 circa, racconta nella Legenda Aurea che durante la prima Crociata (del 1099), i Genovesi trovarono il calice usato nell’Ultima Cena.
Uno dei primi reperti a cui si attribuì la leggenda, poi detta “del Graal”, fu quello che ad oggi viene chiamato il Sacro Catino, ovvero il piatto o calice utilizzato da Gesù nell’Ultima Cena; si tratta di un vaso, intagliato in una pietra verde brillante e traslucida, recuperato dal condottiero della Repubblica di Genova Guglielmo Embriaco Testadimaglio dalla Terrasanta, quando al fianco di Goffredo di Buglione contribuì in maniera decisiva alla caduta di Gerusalemme. Re Baldovino fece scrivere sopra la porta del Santo Sepolcro: Praepotens Genuensium Praesidium, a ricordo della incredibile impresa dei Genovesi e riportò nel 1101 il reperto, che è ancor oggi conservato al Museo del Tesoro della cattedrale di San Lorenzo a Genova.
Le origini del Graal letterario possono invece essere ricondotte ad antiche saghe celtiche intorno ad un eroe viaggiatore che si ritrova in un “altro mondo”, su un piano magico parallelo al nostro. In questi racconti il Graal era semplicemente un piatto o coppa, come l’inesauribile cornucopia greco-romana, presentato per significare la natura mistica dell’altro mondo.
Lo sviluppo di ciò che attualmente si conosce come “ciclo” del Graal è stato tracciato in dettaglio dalla ricerca storiografica. I romanzi del Graal furono originariamente scritti in francese e successivamente tradotti nelle altre lingue europee, senza l’aggiunta di nuovi elementi.
Fu solo dopo che il ciclo dei romanzi del Graal si fu costituito che il Graal venne identificato con la coppa dell’ultima cena di Gesù Cristo, collegando l’etimologia dei termini francesi san greal (“Sacro Graal”) e sang real (“sangue reale”).
Il Canone del Graal
Apparizione del Sacro Graal, manoscritto, Parigi, XV secolo
Il Graal appare per la prima volta sotto forma letteraria nel Perceval ou le conte du Graal di Chrétien de Troyes (XII secolo). In questo racconto il Graal non viene mai definito “sacro” e non ha niente a che vedere col Calice che avrebbe contenuto il sangue di Cristo. Non si sa neppure di preciso che forma abbia perché Chrétien, descrivendo il banchetto nel castello del Re Pescatore, dice semplicemente che «un graal antre ses deus mains / une dameisele tenoit» (un graal tra le sue due mani / una damigella teneva) e descrive le pietre preziose incastonate nell’oggetto d’oro. Il Graal viene citato di nuovo in una delle scene finali, quella in cui un eremita rivela a Perceval che il Graal porta al padre del Re Pescatore un’ostia, nutrimento spirituale (secondo alcuni però questa scena potrebbe essere un’aggiunta spuria[1]).
Una successiva interpretazione del Graal è quella che si trova nel Parzival di Wolfram von Eschenbach, secondo il quale il Graal sarebbe una pietra magica (lapis exillis) che produce ogni cosa che si possa desiderare sulla tavola in virtù della sua sola presenza.
Fu Robert de Boron, nel suo Joseph d’Arimathie composto tra il 1170 ed il 1212, ad aggiungere il dettaglio che il Graal sarebbe la coppa usata nell’Ultima Cena, nella quale Giuseppe di Arimatea avrebbe poi raccolto le gocce di sangue del Cristo sulla croce. Giuseppe avrebbe poi portato la coppa nelle Isole britanniche e lì fondato la prima chiesa cristiana. La cristianizzazione della leggenda del Graal è proseguita dalla Queste del Saint-Graal, romanzo anonimo scritto verso il 1220, probabilmente da un monaco, che fa del Graal la Grazia divina.
Vari cavalieri intrapresero la ricerca del Graal in racconti annessi al ciclo arturiano. Alcuni di questi racconti presentano cavalieri che ebbero successo, come Percival o Galahad; altri raccontano di cavalieri che fallirono nell’impresa per la loro impurità, come Lancillotto. Nell’opera di Wolfram, il Graal fu messo in salvo nel castello di Munsalvaesche (mons salvationis) o Montsalvat, affidato a Titurel, il primo re del Graal. Alcuni hanno identificato il castello con il Monastero di Montserrat in Catalogna.
La leggenda del Graal è riportata anche in racconti popolari gallesi, dei quali il Mabinogion è il più vecchio dei manoscritti sopravvissuti (XIII secolo). Esiste anche un poema inglese Sir Percyvelle del XV secolo. In seguito le leggende di re Artù e del Graal furono collegate nel XV secolo da Thomas Malory nel Le Morte d’Arthur (anche chiamato Le Morte Darthur) che diede al corpus della leggenda la sua forma classica.
Il Graal come Calice dell’Ultima Cena
Secondo il racconto dei Vangeli sinottici (Matteo 26,26-29; Marco 14,22-25; Luca 22,15-20), durante l’Ultima Cena Gesù prese il pane, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse: “Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi”; poi prese il calice, rese grazie, lo diede ai suoi discepoli e disse: “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza versato per voi e per molti in remissione dei peccati”.
Il giorno dopo, Venerdì Santo, Gesù fu crocifisso. Quando venne deposto dalla croce uno dei suoi discepoli, Giuseppe d’Arimatea, lo avvolse in un lenzuolo e lo portò nella tomba di famiglia che si era da poco fatta costruire lì vicino. Robert de Boron, autore del Roman dou l’Estoire de Graal ou Joseph d’Arimathie (secolo XIII) aggiunge a queste vicende un episodio che non compare né nei vangeli canonici né negli apocrifi[2]: mentre il corpo di Gesù veniva lavato e preparato per essere sepolto, alcune gocce di sangue uscirono dalla ferita infertagli dal centurione; Giuseppe le raccolse nella stessa coppa che era servita per la consacrazione dell’Ultima Cena. Giuseppe lasciò poi la Palestina e si rifugiò in Britannia[3] con il Sacro Graal, raggiungendo la valle di Avalon (identificata già con Glastonbury) che sarebbe diventata il primo centro cristiano oltre la Manica.
Il Graal e il re Pescatore
Il racconto del Re Pescatore riguarda un re zoppo la cui ferita alla gamba rende la terra sterile. L’eroe (Gawain, Percival, o Galahad) incontra il re pescatore ed è invitato ad una festa al castello. Il Graal è ancora presentato come un vassoio di abbondanza ma è anche parte di una serie di reliquie mistiche, che includono anche una lancia che stilla sangue (da alcuni interpretata come la Lancia di Longino) ed una spada spezzata. Lo scopo delle reliquie è di incitare l’eroe a porre domande circa la loro natura e quindi rompere l’incantesimo del re infermo e della terra infruttuosa, ma l’eroe invariabilmente fallisce nell’impresa.
Il Graal e la leggenda arturiana
La storia del Re pescatore ed il Graal fu più tardi incorporata nel ciclo arturiano. In principio il racconto del re pescatore fu un episodio inserito prima dell’arrivo di Percival a Camelot, per poi evolvere in una esplicita ricerca del Graal da parte dei dodici cavalieri della Tavola Rotonda.
Il Graal nelle tradizioni esoteriche
Molte tradizioni esoteriche hanno inteso sotto il nome Graal il simbolo della Conoscenza, della Sapienza, Tradizione Arcaica o Primordiale. Il Graal rappresenterebbe dunque la “Parola Perduta” cioè quella conoscenza che doveva essere concessa all'”Uomo dell’Eden” ed il cui simbolo era rappresentato dall’Albero della Vita. In tale ottica le tradizioni esoteriche occidentali tracciano una breve storia del percorso che avrebbe subito il Graal da dopo la caduta edenica del genere umano fino ad arrivare all’Ultima Cena. Il Graal, caduto dalla fronte di Lucifero, perso da Adamo, recuperato da Seth e perso di nuovo, fu salvato durante il diluvio da Noè e successivamente fu utilizzato da Melchisedek per benedire Abramo e Sara. Dunque nuovamente fu posseduto da Mosè e dai Patriarchi prima di scomparire nuovamente. Il Graal sarebbe stato poi recuperato da Veronica detta Serapia la quale lo consegnò a Gesù Cristo per celebrare l’Ultima Cena. Molte di queste informazioni, ormai diventate patrimonio comune della letteratura esoterica si trovano nelle Visioni della beata Anna Katharina Emmerick riportate dal Brentano.
Interpretazioni recenti
Il Graal come sangue reale
Secondo una recente interpretazione il sacro Graal deriverebbe da “sang real”, ovvero il sangue della discendenza di Gesù, sposato con Maria Maddalena. La Maddalena, assieme ad altre donne citate nei vangeli, dopo la crocifissione sarebbe fuggita dalla Palestina su una barca per approdare in Provenza assieme al figlio avuto da Gesù. Avrebbe poi risalito il Rodano raggiungendo la tribù dei Franchi, che non sarebbero stati altro che i discendenti della tribù ebraica di Beniamino nella diaspora. I Merovingi, i primi re dei Franchi, proprio a causa di questa origine avrebbero avuto l’appellativo di re taumaturghi, ovvero guaritori, per la loro facoltà di guarire gli infermi con il solo tocco delle mani, come il Gesù dei vangeli.
Questa tesi si trova esposta nel best seller Il sacro Graal di Michael Baigent, Richard Leigh e Henry Lincoln, un libro del 1982 che ha dato lo spunto a moltissimi altri testi sulla “linea di sangue del Graal” (tra cui il romanzo Il codice da Vinci), ma non è suffragata da alcuna fonte storica a parte l’ovvia citazione della famosa leggenda medievale dello sbarco della Maddalena in Francia, resa popolare da Jacopo da Varazze nella Legenda Aurea.
La tesi nasce tra il 1969 e il 1970. Lincoln, un attore e documentarista inglese, entrò in contatto con il trio de Chérisey – Plantard – de Sède (che avevano dato origine al controverso Priorato di Sion) e decise di riscrivere la storia de L’Or de Rennes in una forma più adatta al pubblico di lingua inglese, presentandola prima in tre documentari trasmessi dalla BBC tra il 1972 e il 1979 e poi in un libro pubblicato nel 1982 con l’aiuto di Michael Baigent e Richard Leigh.
Lincoln si rese conto che a chi spettasse il titolo di pretendente al trono di Francia era di scarso interesse per il pubblico inglese. Nello stesso tempo era stato introdotto da Plantard nel piccolo mondo delle organizzazioni esoteriche francesi dove aveva conosciuto Robert Ambelain (1907-1997), figura notissima di questo ambiente e autore di libri su astrologia, divinazione, profezie, tradizioni iniziatiche. Nel 1970 Ambelain aveva pubblicato Jésus ou Le mortel secret des templiers[4], in cui sosteneva che Gesù Cristo aveva una compagna, pur non essendo legalmente sposato, e identificava questa «concubina» in Salomè, una discepola citata nel vangelo di Tommaso, uno dei vangeli gnostici ritrovati a Nag Hammadi. Lincoln fuse la narrazione del matrimonio di Gesù ricavata da Ambelain con quella dei Merovingi di Plantard e «rivelò» che i Merovingi protetti dal Priorato di Sion sono importanti, ben al di là della rivendicazione del trono di Francia, perché discendono da Gesù Cristo e dalla Maddalena.[5] Anche l’appellativo di “re taumaturghi” risulta assai dubbio: in realtà i Merovingi vennero chiamati “re fannulloni”, mentre il primo accenno storico di re taumaturgo è riferito a Enrico I di Francia, terzo re della terza dinastia di re francesi, i Capetingi, che si racconta guarisse la scrofola con l’imposizione delle mani.[6]
Il Graal e Maat
Una recente interpretazione (Sudbury – Il Graal è dentro di noi – 2006) vede nel Graal un simbolo denso che si presenta come oggettivizzazione medioevale di concezioni morali di verità e giustizia, di probabile origine egizia. Partendo dalla concezione di von Eschenbach del Graal come pietra e ripercorrendo il cammino del simbolo-pietra nella tradizione occidentale (in particolare della Massoneria) e medio-orientale, è possibile risalire, infatti, al nucleo tematico egizio legato agli attributi della dea Maat, solo successivamente integrati in ambito religioso giudeo-cristiano. Tale ipotesi originale è attualmente al vaglio degli studiosi.
Il Graal e la Sindone
Recentemente lo storico Daniel Scavone ha avanzato l’ipotesi che il Graal fosse in realtà la Sindone[7].
Egli ipotizza che la leggenda del Graal sia stata ispirata dalle frammentarie notizie giunte in Occidente di un oggetto legato alla sepoltura di Gesù e che ne “conteneva” il sangue; queste notizie vennero poi forse fuse con le leggende preesistenti che parlavano di una coppa o un piatto.
A supporto di questa teoria Scavone nota che, secondo alcune fonti, il Graal offriva una particolare “visione” di Cristo nella quale egli appariva prima come bambino, poi via via più grande, infine adulto: egli ipotizza che queste fonti riportassero, in modo impreciso, un rituale nel quale la Sindone veniva dispiegata gradualmente e la sua immagine era resa visibile, man mano che il rito procedeva, in misura sempre maggiore, fino ad essere mostrata nella sua interezza.
Inoltre, secondo le sue ricerche, la notizia secondo la quale Giuseppe d’Arimatea avrebbe raggiunto la Gran Bretagna deriverebbe da un’errata lettura della parola Britio, nome del palazzo reale di Edessa (dove, secondo molti storici, la Sindone si trovava tra il VI e il X secolo), che sarebbe stata fraintesa per Britannia.
I luoghi del Graal
Già nel Medioevo esistono testimonianze relative al luogo dove sarebbe conservato il Graal. Le più importanti sono:
La fonte più antica sulla coppa dell’Ultima Cena parla di un calice argenteo a due manici che era rinchiuso in un reliquiario di una cappella vicino Gerusalemme tra la basilica del Golgotha e il Martirio. Questo Graal appare solamente nel racconto di Arculfo, un pellegrino anglo-sassone del VII secolo, che l’avrebbe visto ed anche toccato. Questa è la sola testimonianza che il calice fosse conservato in Terra Santa.
Un’altra fonte della fine del XIII secolo parla di una copia del Graal a Costantinopoli. La testimonianza si trova nel romanzo tedesco del XIII secolo Titurel il giovane. Questo Graal sarebbe stato trafugato dalla chiesa del Boucoleon durante la quarta crociata e portata da Costantinopoli a Troyes da Garnier de Trainel, decimo vescovo di Troyes, nel 1204. Viene ricordato lì ancora nel 1610, ma sarebbe scomparso durante la Rivoluzione francese.
Dei due calici sopravvissuti fino ad oggi e creduti essere il Graal, uno si trova a Genova, nella cattedrale di san Lorenzo. La coppa esagonale genovese è conosciuta come il sacro catino. Il calice è di vetro egiziano verde e la tradizione vuole che sia stato intagliato in uno smeraldo; tuttavia fu portato a Parigi dopo la conquista napoleonica dell’Italia e tornò rotto, rivelando in effetti la struttura in vetro verde. La sua origine è incerta; secondo Guglielmo di Tiro, che scrive verso il 1170, fu trovato nella moschea a Cesarea nel 1101. Secondo un’altra versione di una cronaca spagnola fu trovato quando Alfonso VII di Castiglia prese Almeria ai Mori nel 1147 con l’aiuto genovese; questi in cambio avrebbero voluto solo questo oggetto dal saccheggio di Almeria. L’identificazione del sacro catino con il Graal non è comunque tarda, dato che si trova nella cronaca di Genova scritta da Jacopo da Varagine, alla fine del XIII secolo.
Il santo cáliz della Cattedrale di Valencia
L’altro calice identificato con il Graal è il santo cáliz, una coppa di agata conservata nella cattedrale di Valencia.[8] Essa è posta su un supporto medievale e la base è formata da una coppa rovesciata di calcedonio. Sopra vi è incisa un’iscrizione araba. Il primo riferimento certo al calice spagnolo è del 1399, quando fu dato dal monastero di San Juan de la Peña al re Martino I di Aragona in cambio di una coppa d’oro. Secondo la leggenda il calice di Valencia sarebbe stato portato a Roma da San Pietro.
Niente fonti!
Questa voce o sezione sull’argomento cristianesimo non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti.
Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull’uso delle fonti. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento.
In tempi moderni vi è stata una fiorente speculazione sul luogo dove potrebbe essere custodito il Graal e sono state fatte varie ipotesi:
Castel del Monte in Puglia.[9][10]Castello di Gisors in Francia, dove lo avrebbero portato i Cavalieri templari.
Takht-I-Sulaiman in Iran, uno dei principali centri del culto zoroastriano.
Cattedrale di Bari, sul cui portale si trova un’immagine di Re Artù.
Cappella di Rosslyn in Scozia.
Glastonbury in Inghilterra, dove sarebbe stato portato da Giuseppe di Arimatea.
In Britannia, sull’isoletta di San Patrizio[11] poco distante dall’Isola di Man dove sarebbe stato sepolto Giuseppe di Arimatea.
Isola di Oak in Canada.
Valona in Albania.
Castello di Montsegur in Francia, dove lo avrebbero custodito i Catari.
Chiesa di Rennes-le-Château in Francia.
Disperso in val Codera in Lombardia.[12]
All’interno della Sagrada Família, in Spagna.
Sepolto in un profondo pozzo nei dintorni di Aquileia il Puteum aureo.
Chiesa della Gran Madre di Torino.
Nei sotterranei del Convento di Cristo a Tomar.
Basilica di San Lorenzo fuori le Mura in Roma.[13]
Nella Cappella di San Galgano a Montesiepi in Toscana.[14]
Nella Cappella di San Francesco d’Assisi della Chiesa di San Panfilo in Villagrande di Tornimparte (L’Aquila).
Sotto la Basilica di Santa Maria di Collemaggio a L’Aquila.
Cattedrale della Virgen del Carmen in Valencia, Spagna.
Meseta di Somuncurá, deserto Patagonico, Argentina. secondo la fondazione Delphos i templari arrivarono in Patagonia grazie a delle mappe create secoli prima dai fenici. Partirono da La Rochelle per arrivare in Patagonia e fondarono città che poi le leggende indigene chiamarono “città dei Cesari”. Oltre alle leggende indigene furono trovati reperti archeologici tra i quali una pietra con scolpito una croce templare.[15]
Sotto la chiesa di Naantali in Finlandia.
Il Santo Graal al museo del Panteon di San Isidoro a León in Spagna: il 23/03/2014 è apparso sul sito del museo del Panteon di San Isidoro, la notizia che la coppa finora nota come cáliz de Doña Urraca. sarebbe il vero santo Graal.[16]. Li presente da quasi mille anni.
Il Graal nella letteratura, nella musica, nel cinema, nella TV[modifica | modifica wikitesto]
Le Roman de Perceval ou le conte du Graal, opera di Chrétien de Troyes, 1180, considerata la prima opera letteraria facente cenno al Sacro Graal.
In fernem Land (o il Racconto del Graal), aria di Lohengrin, nell’omonima opera di Richard Wagner, 1850.
Parsifal, opera di Richard Wagner, 1882.
Lancillotto e Ginevra (Lancelot du Lac), film di Robert Bresson, 1974.
Monty Python e il Sacro Graal (Monty Python and the Holy Grail), film del 1975.
Excalibur, film di John Boorman del 1981.
Indiana Jones e l’ultima crociata (Indiana Jones and the Last Crusade), film di Steven Spielberg, 1989.
La leggenda del re pescatore, film di Terry Gilliam, 1991.
Gli assassini del Graal (The Grail Murders), romanzo giallo storico di Paul Doherty, 1993.
Il codice da Vinci (The Da Vinci Code), romanzo di Dan Brown, 2003, che sostiene l’ipotesi di Baigent, Leigh e Lincoln. Dal romanzo fu tratto l’omonimo film.
Dall’ottobre del 2005 all’aprile del 2006 il canale satellitare MarcoPolo (piattaforma Sky) ha curato un programma di approfondimento sulla storia del Sacro Graal titolato “La Regola” supervisionato dal noto storico Franco Cardini.
Al Graal si accenna più o meno diffusamente in Il pendolo di Foucault e Baudolino di Umberto Eco.
Nel telefilm Stargate SG-1 il Sacro Graal è un’arma costruita da Merlino per annientare gli Ori, razza che professa una religione fondamentalista e si contrappone agli Antichi.
L’arciere del re, Il cavaliere nero, La spada e il calice trilogia di Bernard Cornwell.
Nella visual novel, manga e anime Fate/Stay Night l’intera storia ruota attorno al mitico Graal che può realizzare qualunque desiderio che sarà espresso dal vincitore della Guerra.
Librarian 3 – La maledizione del calice di Giuda con Noah Wyle.
Note[modifica | modifica wikitesto]
^ J. Vendryes, “Il Graal nel ciclo bretone”, in: Luce del Graal, a cura di Reneé Nelli, Mediterranee, Roma, 2001, p. 73.
^ Jessie Weston afferma che la storia dell’origine cristiana del Graal «non regge di fronte al fatto sconcertante che non c’è nessuna leggenda cristiana riguardo a Giuseppe d’Arimatea ed il Graal. Non vi è nessuna traccia della storia né nel mito né nell’arte; essa non esiste al di fuori della letteratura del Graal, è una invenzione romanzesca senza una autentica tradizione» (Jessie L. Weston, Indagine sul Sacro Graal, Sellerio, Palermo, 1994, pag. 24)
^ Freculfo di Lisieux nel suo Chronicon racconta che Giuseppe d’Arimatea, nel 63 d.C., si recò da San Filippo in Gallia e da qui, si spostò in Inghilterra. (Freculfus Chronicorum libri duo a cura di E. Grunauer con il titolo di De fontibus historiae Freculfi, Winterthur 1864)
^ Robert Laffont, Parigi
^ Il Codice da Vinci: FAQ – Risposta ad alcune domande frequenti , di Massimo Introvigne
^ Marc Bloch, I re taumaturghi, 1989 Einaudi.
^ Daniel Scavone, Joseph of Arimathea, the Holy Grail and the Turin Shroud (1996) [1].
^ Sito ufficiale della cattedrale di Valencia.
^ Luca Leonello Rimbotti, Castel del Monte, dimora del Graal in centrostudilaruna.it, 5 luglio 2006. URL consultato il 25-05-2014.
^ La Sacra Coppa in castellodelmonte.it. URL consultato il 25-05-2014.
^ San Colombano d’Irlanda – Abate d’Europa, Renata Zanussi, Bobbio 2007.
^ Questa ipotesi, descritta in molte pagine web come leggenda antica ma senza alcuna citazione di fonti, è in realtà contenuta in un romanzo recente: L’Isola di Giovanni Galli. In questo romanzo si racconta che il Graal sarebbe rimasto per cinque secoli nella chiesa di Aquae Sulis in Britannia ma nel VI secolo a causa dell’avanzata di eserciti pagani si volle portarlo in un luogo più sicuro. Quindi un sacerdote si incaricò di portarlo a Roma dal Papa. Ma quando arrivò all’Isola Comacina, a causa dell’invasione dei Longobardi fu costretto a fermarsi. Al Sacro Graal venne dato il merito della resistenza riuscita contro i Longobardi, e venne costruita una chiesa (sull’isola) in suo onore. Con la vittoria dei Longobardi si cercò quindi di portare in salvo il Sacro Graal, nascondendolo in un posto sperduto in Val Codera, da dove si sono perse le sue tracce.
^ Il Santo Graal è a Roma
^ [2]
^ [3]
^ Sito ufficiale della museo del Panteon di san Isidoro
Bibliografi
Fonti
Walter – Poirion (ed.), Le Livre du Graal. Tome I, Joseph d’Arimathie – Merlin – Les Premiers Faits du roi Arthur, Paris 2001 ISBN 2-07-011342-6
Chrétien de Troyes, Le Conte de Graal or Perceval, Cambridge, N.J., 1982
Chrétien de Troyes, Perceval il gallese – La ricerca del Sacro Graal (anonimo), Vallardi, Milano, 1995, ISBN 88-11-91030-7
Wolfram von Eschenbach, “Parzival”, Tea Due, Milano, 1994, ISBN 88-7819-130-2
La Leggenda del Sacro Graal, a cura di Graziella Agrati e Maria Letizia Magini, Mondadori, 1995. Cofanetto in due volumi che contiene i romanzi del ciclo del Graal, escluso il Parzival di von Eschenbach.
Bibliografia ulteriore
AA.VV., Il Graal, i testi che hanno fondato la leggenda, Milano 2005 ISBN 88-04-53819-8
AA.VV, Luce del Graal, a cura di Reneé Nelli, Mediterranee, Roma, 2001, ISBN 88-272-1383-X
Baigent – Leigh – Lincoln, Il Sacro Graal, Milano 1994 ISBN 88-04-38609-6
Richard Barber, Graal, Piemme, 2004. ISBN 978-88-384-7033-2.
F. Cardini, M.Introvigne, M. Montesano, Il Sacro Graal, Giunti, Firenze, 1998 ISBN 88-09-21274-6
Ferrari – Zatterini (ed.), Atlante del Graal, Milano 1997 ISBN 88-8073-033-9
Norma L. Goodrich, Il Sacro Graal, Milano 1996 ISBN 88-18-88048-9
Graham Hancock, Il mistero del Sacro Graal, Casale Monferrato 1999 ISBN 88-384-4357-2
Graham Phillips, La ricerca del Sacro Graal, Milano 1998 ISBN 88-7824-890-8
Mario Polia, Il mistero imperiale del Graal, Il Cerchio, Rimini 2007 (quarta ediz.) ISBN 88-8474-137-8
Sabina Marineo, L’Eresia Templare, Venexia Edizioni 2008 ISBN 978-88-87944-58-7 (analisi del mito graalico attraverso i secoli e del suo rapporto con l’Ordine del Tempio).
Andrew Sinclair, L’avventura del Graal, Mondadori, Milano 1997 ISBN 88-04-43046-X
Julius Evola, Il mistero del Graal, Mediterranee, Roma 1972 ISBN 88-272-0502-0
Lawrence Sudbury, Il Graal è dentro di noi, Milano AER Il Melograno 2006 ISBN 978-88-6111-088-5
Roberto Volterri, I mille volti del Graal, Milano SugarCo 2005
Darrel L. Bock. Il codice Da Vinci, verità e menzogne. Milano, Armenia, 2004. ISBN 88-344-1755-0
Wolfram von Eschenbach, Titurel. Il guardiano del Graal, Il Cerchio, Rimini 2005.ISBN 88-8474-081-9
Jessie L. Weston, Indagine sul Sacro Graal, Sellerio, Palermo, 1994, ISBN 88-389-0992-X
Paolo Caucci von Saucken Le fonti del Graal, in “Traditio”, III, n. 1 nuova serie (Ottobre-dicembre 1980)
Paolo Pettinato, “Lapsit Gradalis:Il libro Giusto”, Roma Arduino Sacco Editore 2008, ISBN 978-88-89584-89-7
Francesco Zambon, “Metamorfosi del Graal”, Roma, Carocci, 2012, ISBN 978-88-430-6575-2
Francesco Zambon, Robert de Boron e i segreti del Graal, Firenze, Olschki, 1984, ISBN 88-222-3279-8
Perceval o il racconto del Graal Titolo originale
Le Roman de Perceval ou le conte du Graal Perceval-Chretien.jpg Scena del Perceval, da un manoscritto medievale Autore Chrétien de Troyes 1ª ed. originale 1175-1190 Genere Romanzo Sottogenere Romanzo cavalleresco Lingua originale francese Ambientazione Inghilterra, Medioevo Protagonisti Perceval Coprotagonisti Galvano Altri personaggi re Artù, Keu il siniscalco, Biancofiore, Re Pescatore Serie Romanzi cortesi
Il poema incompiuto Le Roman de Perceval ou le conte du Graal, di Chrétien de Troyes, fu scritto all’epoca delle crociate, ovvero tra il 1175 e il 1190 circa. Ne fu committente Filippo I d’Alsazia, conte di Fiandra.
È considerata la prima opera letteraria che fa cenno al Santo Graal e farà da modello ai molti successivi romanzi ispirati alla leggenda del Graal. All’interno dell’opera il Graal non viene raffigurato come il calice dell’ultima cena di Gesù Cristo. Inoltre il nome “graal” è fatto precedere dall’articolo indeterminativo “un”, il che fa pensare che l’autore volesse menzionare un oggetto convenzionale (probabilmente un bacile o un vassoio), certo non ancora identificabile col “Santo Graal” delle produzioni successive.
Il protagonista di quest’opera è Perceval, presentato in qualità di figlio della vedova. Il padre e i fratelli di Perceval sono morti in guerra, e per non rischiare di perdere l’unico figlio rimasto, la madre decise di tenerlo lontano dal mestiere della cavalleria.
Un giorno egli, cresciuto in semplicità di spirito e purezza di cuore, incontra alcuni cavalieri e, rimasto affascinato dallo splendore delle loro armi, vuole raggiungere la corte di re Artù.
Lasciata la madre, che dopo la sua partenza muore dal dolore, Perceval, vestito da boscaiolo, raggiunge la corte del leggendario sovrano. Qui, messosi in luce per coraggio e virtù, viene nominato cavaliere da re Artù prima, e successivamente dal signore Gornemant. La nipote di costui, Biancofiore, se ne innamora, ma Percaval, pur ricambiando, decide di partire per il desiderio di rivedere sua madre e accertarsi che stesse bene, in quanto per seguire il suo sogno di diventare cavaliere l’aveva lasciata svenuta al di là di un ponte.
Nel viaggio scoprirà che essa era rimasta uccisa per la sofferenza di vederlo partire. Iniziano così le nuove avventure, durante le quali il giovane giunge al castello del Re Pescatore che reca su di sè un’inguaribile ferita: sino a quando essa non sarà rimarginata regneranno sulla sua terra tristezza e carestia.
In una sala del maniero, durante una cena, appaiono in successione diversi oggetti, tra cui una lancia sanguinante (obiettivo della successiva ricerca di Galvano) e un graal, un piatto che al suo apparire sprigiona una grande luce. Ricordandosi le parole di Gornemant, il quale gli aveva consigliato di parlare e domandare il meno possibile, si risolve col non chiedere al Re Pescatore perché la lancia sanguinasse e a chi serviva il graal, pur provandone l’impulso.
Questi oggetti, infatti, venivano portati in una stanza celata ai suoi occhi, all’interno della quale stava il padre del Re. La sua mancata domanda porterà disgrazia al Re Pescatore e alla sua terra, che per mezzo di quelle semplici domande avrebbe potuto essere risanata. Per questo motivo al suo risveglio tutto è sparito, nessuno a parte lui sembra essere presente nel castello, ed egli deve ricominciare le sue peregrinazioni. Durante una lunga serie di nuove avventure, egli dovrà rendersi degno di ritrovare il graal, ponendo rimedio al suo errore e salvando così la terra malata e il Re Pescatore. Incontra un eremita, fratello del Re Pescatore, che lo confessa durante la Quaresima e rinnova i suoi sentimenti religiosi, che aveva perso durante il cammino. Perceval viene a conoscenza della sua appartenenza alla Famiglia del Graal e che il Re Pescatore è suo zio.
Qui si ferma il racconto, rimasto incompiuto. Diversi autori hanno tentato di dare una risposta ai quesiti lasciati da Chrétien, che ha visto molti continuatori della sua opera, ma nessuno saprà mai realmente come sarebbe andata a finire la storia.
Struttura dell’opera
Il roman è suddiviso in quattro parti.
La prima e la terza raccontano le avventure del giovane gallese Perceval. Dapprima inesperto e digiuno del mestiere delle armi, diventa cavaliere di re Artù e compie numerose prodezze. Ha molti incontri con cavalieri che gli impartiscono lezioni sulla morale cortese e con altre figure non di minore importanza che lo aiutano a crescere sul piano spirituale. Mentre dapprima conosciamo un ragazzo Gallese inconsapevole del mondo esterno (a causa della eccessiva protettività di sua madre), lo scopriamo in un secondo tempo come il prototipo del perfetto cavaliere cortese, per poi vederlo superare tale condizione e assumere un ruolo di maggior levatura spirituale, divenendo simbolo di una rinnovata cavalleria non più soggetta ai limiti della precedente.
Seconda e quarta parte narrano invece delle prodezze di un altro cavaliere, Galvano. Egli rappresenta la vecchia cavalleria, condannata da Chrétien per la troppa attenzione alle apparanze, senza però un vero spessore di forza benefica. Un mondo decadente, come dimostra la situazione drammatica in cui si trova la corte di re Artù, che ha grosse contraddizioni e scarsa coscienza sociale. Galvano si rende infatti protagonista di grottesche scenette, avventure fini a se stesse e descritte con sottile ironia, e sonore sconfitte. La narrazione occupa ben 4000 versi del poema su un totale di 9000 segnando nettamente la contrapposizione tra due sezioni dell’opera, e di conseguenza tra i due cavalieri.
All’interno del testo l’autore gioca spesso con l’immaginazione del lettore, prendendo ben di rado posizioni esplicite, ma insinuando instancabilmente il dubbio su ciò che intende comunicarci. Il poema si compone di ottonari ed è in rima baciata. Chretien de Troyes si inserisce dopo la poetica cortese, portata dai trovatori della Francia meridionale all’incirca nel XII secolo, denunciandola e superandola. La ricerca del Graal da parte di Perceval non è una mera ricerca per ottenere la gloria, ma soprattutto un momento di crescita a beneficio del mondo intero. Non a caso il libro è stato scritto per Filippo di Fiandra, tutore dell’erede al trono Filippo Augusto. Per Chrétien il proprio romanzo ha l’ambizione di diventare il supporto per la formazione del nuovo Re di Francia.
Le Continuazioni apocrife
Quattro poeti di innegabile talento, dopo la morte di Chretien de Troyes, provarono a dare un seguito al suo romanzo. Prima Continuazione [modifica] La prima Continuazione ha aggiunto al romanzo di Chretien dai 9.500 ai 19.600 versi (a seconda del manoscritto). Essa è stata talvolat attribuita a Wauchier de Denain e per questo motivo spesso la si definisce Pseudo-Wauchier. Ne esiste una versione breve, una media ed una lunga; la corta è la più antica e la meno fedele al racconto di Chrétien. Roger Sherman Loomis ritiene che questa versione rappresenti la vera tradizione della leggenda del Graal, notevolmente diversa da quella di Chrétien. Questa prima Continuazione comprende la avventure anteriori di Galvano; suo madre e sua nonna sono andate a trovare Artù, giacché la sorella di Galvano, Clarissant, deve sposare Guiromelant. Galvano dapprima si oppone al matrimonio, per poi riconciliarsi con Guiromelant, e raggiungere Artù per assediare con lui due castelli.
Alla fine, visita il castello del Graal.
Le versioni più lunghe comprendono due romanzi indipendenti ma imbricati nell’azione principale. Il Livre de Caradoc (Libro di Caradoc) parla dell’eroe Caradoc, un cavaliere di Artù, e spiega come è nato il suo soprannome « dalle corte braccia » ; l’altro racconta le disavventure del fratello di Galvano, « Guerrehet » (Gaheris o Gareth), su un battello tirato da un cigno.
Seconda Continuazione
Poco tempo dopo la prima Continuazione, un altro autore aggiunge altri 13.000 versi al complesso narrativo. Questa sezione è stata attribuita a Wauchier de Denain e ci sono buone possibilità che sia davvero sua. Composta soprattutto di avventure, questa parte mostra Perceval che ritorna al castello del Graal e ripara la spada di Trébuchet. Nonostante tutto, una minuscola fessura continua a sussistere nella lama, segno che il cavaliere non ha ancora raggiunto la perfezione.
La Continuazione di Gerbert
17.000 versi aggiunti al testo formano la Continuazione di Gerbert. L’autore, comunemente identificato con Gerbert de Montreuil, ha composto la sua versione indipendentemente da quella di Manessier e intorno alla medesima epoca. Egli aveva scritto una conclusione, ma essa è stata soppressa nei due manoscritti sopravvissuti, che si sono limitati ad inserire una parte dell’opera di Gerbert all’interno della Continuazione di Manessier.
Gerbert cerca di ricollegarsi al romanzo originario di Chretien, e l’influenza di Robert de Boron è sensibile. È notevole che abbia inserito all’interno della sua versione un frammento della storia di Tristano che non esiste da nessuna altra parte.
La Continuazione di Manessier
La Continuazione di Manessier (chiamata anche Terza Continuazione poiché trova posto nei manoscritti che non includono la Continuazione di Gerbert, ma ciò ingenera ulteriore confusione) aggiunge 10.000 versi e (finalmente) una conclusione.
Manessier ha fuso insieme un gran numero di finali differenti che ha trovato negli autori precedenti, cercando per quanto possibile di mettere ordine nella tradizione, ed ha incluso innumerevoli episodi tratti da altre opere, inclusa la Joie de la Cour, un’avventura dell’Erec e Enide di Chrétien de Troyes e la morte di Énide e di Calogrenant telle qu’on la raconte dans la partie consacrée à la Queste del Saint Graal dans le cycle du Graal de Lancelot. Le conte se termine avec la mort du Roi Pêcheur et la montée de Perceval sur son trône. Après sept ans Perceval s’en va pour mourir dans les bois, Manessier suppose qu’il a emporté avec lui au Ciel le Graal, la Lance et le plat d’argent.
L’influenza di Perceval
Benché Chrétien non avesse fatto in tempo a completarla, la sua ultima opera ha avuto enorme influenza sul mondo letterario medievale. Perceval fece conoscere il Santo Graal ad una Europa entusiasta e tutte le versioni successive della storia del Graal rimandano a lui direttamente o indirettamente.
Il Parzival di Wolfram von Eschenbach è una delle più grandi opere della Germania medievale, ed è fra le tante fondate direttamente sull’opera di Chretien. Un altro personaggio è il Gallese Peredur, figlio di Efrawg, eroe di uno dei tre romanzi gallesi associati al Mabinogion.